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Gite Spazio-Temporali

  • Emanuele Meloni
  • 28 mar 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 31 mag 2020


1. All'interno della fisica teorica, i buchi neri giocano un ruolo primario nell'ipotetico scenario dei viaggi spazio temporali.

Circa 20 anni fa circolò nel neonato web dinamico (che ha permesso cioè l'interazione fra i vari utenti di internet) un profilo di un tale denominatosi John Titor, che affermava all'interno di un forum pseudoscientifico di provenire da un'epoca futura, esattamente dall'anno 2036, e per vari mesi interagì con i frequentatori del sito predicendo avvenimenti scientifici e sociali che poi in realtà non sono mai accaduti.

Al di là del curioso fatto, piuttosto goliardico, il misterioso personaggio che si celava dietro il profilo di John Titor, voleva probabilmente condividere con altre persone un tema che in realtà ha delle solide fondamenta scientifiche, seppur solo cavalcando concetti puramente teorici (per ora).


Secondo la teoria della Relatività generale formulata da Albert Einstein, lo spazio ed il tempo sono due grandezze interconnesse, non da visualizzare come percorsi lineari ma bensì come un vero e proprio tessuto, una tela quadridimensionale flessibile, deformabile, soggetta a curvarsi, ad allungarsi, a comprimersi, in base agli oggetti che ospita e che interagiscono tra di loro e, in particolare, alla loro massa e all'energia gravitazionale che generano.

2. Rappresentazione grafica di un wormhole.

Lo scienziato tedesco, in congiunto al fisico statunitense Nathan Rosen, sviluppò una delle tante ipotesi affiliate alla teoria della relatività (che comunque prendeva spunto da teorie precedenti di altri fisici): il cunicolo spazio-temporale, meglio conosciuto come wormhole, ossia una galleria formata da una forza gravitazionale talmente alta da piegare in due il tessuto spazio temporale e permettere ad un oggetto di transitare fino ad un punto d'arrivo che, altrimenti, sarebbe troppo distante da raggiungere in tempi ragionevoli, sia nel tempo che nello spazio, perfino dalla luce. Nell'ipotetico scenario la transizione è possibile grazie al fatto che il punto di partenza è perpendicolare al punto d'arrivo. La teoria è appoggiata da complessi calcoli matematici.


Il XX secolo ha visto il nascere di una nuova materia che, insieme alla relatività generale, ha assemblato la struttura della fisica moderna: la meccanica quantistica. Con questo punto di svolta la comprensione degli eventi energetici viene completata dal concetto di quanto, ossia un'unità particellare indivisibile che accompagna i fenomeni ondulatori: ad esempio, se la luce in passato era considerata come una semplice onda elettromagnetica, ora va invece assimilata dai nostri cervelli come un flusso particellare di pacchetti di energia detti fotoni, nonché quanti, che compongono il campo elettromagnetico luminoso.

3. D-Wave, il computer quantistico di Google.

Un ramo della meccanica quantistica, l'informatica quantistica, ha approfittato dei quanti per facilitare e velocizzare l'immagazzinamento e l'eleborazione di dati informatici. Se finora la relatività ci ha permesso di trattare i viaggi spazio temporali in scale macroscopiche, la teoria dei quanti diventa utile per poter immaginare lo stesso scenario a livello particellare.

Tuttavia stavolta la nostra immaginazione non è conciliata con i soli calcoli matematici, ma fortunatamente anche con dati sperimentali. Infatti il teletrasporto quantistico è una tecnica già ampiamente utilizzata nell'ambito dell'informatica quantistica: la fantascienza si è trasformata in scienza.

Ciò che in realtà è stato reso possibile dagli scienziati non è lo scomparire e il riapparire di una particella da un punto A ad un punto B, ma bensì il trasferimento dello stato quantico, ossia dello stato energetico, da una particella A ad una particella B più distante. Assistiamo dunque ad una transizione energetica nello spazio, in tempi comparabili alla velocità con cui viaggia la luce.


Anche se la sperimentazione di questi eventi è in uno stato embrionale, in poco più di due decenni i centri di ricerca hanno fatto passi da gigante: nel 2012 un team di ricercatori dell'ESA è riuscito nell'osservatorio di Tenerife a teletrasportare fotoni a 140 km di distanza, fino all'osservatorio di La Palma!

A inizio 2020 è stata invece resa nota la notizia del primo trasferimento di un'informazione tra due chip, tramite il teletrasporto quantistico.

Chissà se un giorno al posto delle particelle potremmo raccontare questi stessi eventi con protagonisti differenti, magari un po più massicci come il signor John Titor!

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