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Qualcuno Negò il Cambiamento Climatico..

  • Emanuele Meloni
  • 24 mag 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 29 mag 2020

Per poter descrivere nel dettaglio il fenomeno del cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale, con le relative cause (naturali e antropologiche) ed effetti, sono necessarie pagine, probabilmente libri. Da un tema di tale portata, complessità e crucialità si è addirittura generato un intero ramo scientifico, che attraverso i suoi studiosi effettua un costante, incessante lavoro di ricerca per toccare livelli un po più elevati di comprensione. Prossimamente dedicheremo senz'altro un testo scientificamente acuto riguardante il tema; questo articolo invece si limiterà ad analizzare brevemente l'altrettanto allarmante e parallelo fenomeno del negazionismo del cambiamento climatico, e di come esso non solo destabilizzi il raziocinio dell'opinione pubblica, ma complichi il raggiungimento degli obbiettivi prefissati dalla ricerca scientifica.


È fondamentale formulare un'intransigente premessa: il riscaldamento globale è in corso, non esistono due divergenti opinioni da parte del mondo scientifico, il quale è tutt'altro che spaccato: climatologi, geologi, chimici, biologi, astronomi, affermano quasi all'unanimità che questo fenomeno è in atto e che il suo processo è principalmente legato ad attività umane, più precisamente il 97% della comunità scientifica ne afferma coralmente la veridicità.

Infatti ogni conoscimento scientifico accertato ha alle spalle un intricato lavoro, che include innanzitutto la raccolta di una grande quantità di dati e informazioni, le quali devono essere successivamente interpretate una ad una con l'aiuto della tecnologia e delle conoscenze disponibili; solo allora si formulano ipotetiche teorie collegate a ipotetiche conclusioni, le quali devono necessariamente passare per una gran mole di esperimenti pratici in modo tale da poterne confermare o negare la veridicità. Arriva dunque il momento di pubblicare i risultati degli esperimenti e di enunciare il nuovo conoscimento scientifico.

1. Lo strano caso del quotidiano Libero, in Italia capostipite insieme a Il Giornale di pseudo-informazione climatica

Il sorgere di un diverso punto di vista sul riscaldamento globale è innanzitutto da ricercare nella storica abitudine da parte dell'uomo (seppur sollecitato da reiterati preavvisi) di sottovalutare un pericolo futuro relazionato a un problema attuale, fin quando il pericolo non si manifesta realmente, o di prenderne coscienza troppo tardivamente, quando gli effetti prodotti da tale problema sono già irreversibili.

Una seconda spiegazione filologica è l'attitudine a non affrontare e di celarsi davanti a un ostacolo, nei casi in cui il suo superamento richieda sforzi o comprensioni intellettuali che non corrispondo al proprio campo di studi o, più semplicemente, al proprio livello abituale di ragionamento, così come gli struzzi pare abbiano la tendenza a nascondere la testa sottoterra quando sono presi dal gran spavento dovuto a qualcosa di sconosciuto al loro intorno.

Tuttavia la pseudo-informazione basata su teorie non fondate è piuttosto efficace in quanto nella maggior parte dei casi è semplificatoria, di facile comprensione: "il pianeta non sta subendo un innalzamento delle temperature medie che comprometterà il funzionamento degli ecosistemi e, anche se fosse, sarebbe un processo ciclico, naturale, la Terra ha sempre alternato epoche calde a epoche più fredde." Discorsi che spesso e volentieri sono accompagnati da oscuri sospetti complottistici.

Purtroppo queste informazioni penetrano nel tessuto comunicativo dei media (soprattuto nel web) e piombano facile ad un pubblico sufficientemente disinformato da accettarne i contenuti, seppur essi non siano enunciati dalla comunità scientifica.

Fedele alleato di questo disordine comunicativo sono molte testate giornalistiche che, si suppone, dovrebbero attenersi a fonti attendibili e, soprattutto, non fare informazione in malafede: sovente i media sottopongono il tema al giudizio delle grandi società industriali, petrolifere e, più in generale, al mondo capitalista, il quale legittimamente espone il proprio punto di vista legato inevitabilmente ai propri interessi economici.

2. Secondo Fatih Birol, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), la crisi del mercato del petrolio del 2020 sarà un banco di prova eccellente per testare la serietà delle politiche climatiche delle grandi compagnie petrolifere, che potrebbero iniziare a riconvertirsi in produttrici di energia rinnovabile. È tuttavia di poche ore la notizia che il colosso britannico Shell ha iniziato le perforazioni nel giacimento "Saturno" nel territorio di Santos, in Brasile, con la partecipazione congiunta di altri due pesi massimi del petrolio, Chevron ed Ecopetrol (Fonti valoraanalitik.com & rinnovabili.it)


La causa primaria del riscaldamento globale sono le emissioni dei gas serra (principalmente biossido di carbonio) dovute proprio al consumo dei combustibili fossili, ossia petrolio, carbone, metano. L'energia solare in parte viene respinta dalla nostra atmosfera verso lo spazio, in parte viene assorbita dal suolo e dai mari, e infine una buona percentuale viene riflessa dalla superficie terrestre verso l'atmosfera, dove però subisce l'azione dei gas serra, i quali la intrappolano, innalzando le temperature medie. Una contenuta percentuale di gas serra è in realtà il fattore principale del mantenimento di un clima mite, con medie annuali che si aggirano intorno ai 15°C, e senza la quale conviveremmo con una media all'incirca di 30 gradi inferiore. L'apporto di questa percentuale di gas serra è compensata dall'attività vulcanica che consente una quantità ideale di 280 ppm di gas serra nella composizione dell'atmosfera. Ciò nonostante da 260 anni a questa parte, ossia dall'inizio della Rivoluzione Industriale, tale quantità ha subito un'incremento esponenziale fino agli attuali 400 ppm di gas serra, i quali sono sufficienti per compromettere l'equilibrio energetico fra il Sole e la Terra.

Se le tastate giornalistiche lasciano la libertà di far decretare giudizi nel merito alle società petrolifere o a capitalisti strettamente connessi a tali attività, è come se ad un processo il tribunale dasse opportunità all'imputato di decretare la sentenza. Parlare con certezza di riscaldamento climatico suppone categoricamente (come precisato anteriormente) l'intervento scientifico di climatologi e, più nello specifico, di coloro che si dedicano allo studio del cambiamento climatico.

3. News riguardanti il "Climategate" nell'inverno del 2009


Parecchi degli "errori giornalistici" sono purtroppo intenzionali, trasformando l'informazione in disinformazione che arriva al pubblico che la segue. Tra il 2009 e il 2011 accadde uno scandalo che si può sintetizzare con una serie di e-mail sottratte a dei climatologi, riformulate in modo da stravolgerne i contenuti e inviate a scettici statunitensi e negazionisti del cambiamento climatico. Durante il cosiddetto "Climategate" i news media prelevarono la storia e la strumentalizzarono per stampavi i principali titoli sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Successive numerose investigazioni sul caso, tra cui una del U.S. Congress e una del U.K. House of Commons, sancirono la falsità delle mail, sancendo che "il riscaldamento globale sta accadendo ed è indotto da attività umane"; ma i mezzi di comunicazione tralasciarono la notizia dei risultati delle indagini, e il pubblico rimase disinformato.


I mezzi di comunicazione hanno in questi anni riscontrato una grave mancanza di leadership nel riportare la verità riguardo il cambiamento climatico, e ciò è correlato soprattutto ad un'insufficiente comunicazione con la comunità scientifica, anch'essa abbastanza deficitaria in tal proposito:

frequentemente gli scienziati sono soddisfatti col fare scienza, lasciando gli aggiornamenti delle ricerche e la comunicazione a terzi. Molte compagnie attive in campo scientifico come la U.S. National Laboratories e tante altre società nel settore della chimica, dell'energia, dell'agricoltura o del tabacco, possiedono un dipartimento costituito da uno staff che si dedica alle pubbliche relazioni, all'interno del quale tuttavia quasi mai trova spazio uno scienziato direttamente coinvolto nelle ricerche correnti; il risultato è una mole di informazione scientifica persa tra gli scienziati e i dipartimenti di comunicazione, o tra i dipartimenti e i media, o tra i media ed il pubblico.

4. L'astronomo, astrofisico, cosmologo e astrobiologo Carl Sagan, pilastro della moderna divulgazione scientifica, in particolare con il suo programma televisivo "Cosmos", andato in onda per la prima volta negli Stati Uniti nel 1980, trasmesso dalla rete televisiva PBS.


Tuttavia gli scienziati stanno attualmente iniziando a capire che devono assumere il dovere di comunicarsi con più frequenza che in passato, con più efficacia e con più lungimiranza con i media e con il pubblico, soprattutto gli studiosi del cambiamento climatico. Il numero di articoli e contributi scientifici pubblicati nei quotidiani e nei megazine è aumentato nelle ultime decadi e con esso la consapevolezza della società sulla serietà del problema. Per il momento le ricadute politiche di questa crescita di "comunicazione responsabile" si è avvertita per lo meno nei dibattiti e nei grandi meeting internazionali, soprattutto durante gli appuntamenti organizzati dalle Nazioni Unite; le politiche (soprattutto europee) stanno elaborando direttive e dando linee guida riguardo i requisiti e le modalità di riconversione energetica, sia per quanto concerne l'industria sia per i privati cittadini. Ciò nonostante i contributi e i benefici economici per chi produce o utilizza energia "pulita" e, più in generale, combatte il riscaldamento globale, è pressoché nullo.



- Fonte: Climate Change Science: A Modern Synthesis, volume1-The Physical Climate.

altre fonti: dal web.



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