top of page
Inizio: Bienvenidos
Inizio: Acerca de
Inizio: Blog2

La "Libertá" Urbana

  • Emanuele Meloni
  • 10 gen 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 24 mag 2020

Nel linguaggio popolare il termine "stoico" sta ad individuare una persona che sopporta coraggiosamente le sofferenze e i disagi, e che dimostra fortezza d'animo esemplare di fronte alla sventura e al fato. Tale termine deriva da una delle più importanti correnti filosofiche spirituali dell'Antica Grecia: lo stoicismo.

1. Le tre "moire" della mitologia greca, o "parche" nella mitologia romana. Sono esse figlie della notte e degli dei, e personificazione del fato inevitabile. La loro fatica è quella di tessere il filo del destino di ogni uomo, sfilarlo ed infine tagliarlo quando ne incombe la morte. Nella tradizione sarda quest'attività è svolta dalla figura de "sa filanzona".

Lo stoicismo fu fondato da Zenone di Cizio, il quale insinuava nelle menti dei suoi interlocutori l'idea che il raggiungimento della libertá morale ed intellettuale fosse aiutato dal distacco dalle cose materiali, e che la perfetta pace dell'anima nasce dalla liberazione dei vizi, delle passioni, delle necessità, contro le quali l'uomo combatte quotidianamente. Una dottrina quasi utopica, se si cerca di applicarla al modello della nostra società, la quale si erge sulla imprescindibilità del lavoro, della produzione, del consumo, e nella quale ritroviamo sempre una scala gerarchica in cui qualcuno deve sempre, necessariamente, sottostare a qualcun altro.


All'interno della sua sconfinata produzione letteraria Cicerone, la cui formazione fu profondamente alimentata dalla scuola stoica, propose il tema sotto un profilo conflittuale proprio all'interno dell'ambito civile, affermando che "la libertà non consiste nell'avere un buon padrone, ma nel non averne affatto" (De re publica, libro II). Solo con questa premessa è infatti possibile dedicare il proprio tempo al raggiungimento della libertá morale professata da Zenone.

2. Il cesaricidio durante le Idi di marzo nell'opera "La morte di Cesare" di Vincenzo Camuccini , Napoli, Museo di Capodimonte.

Uno dei sui contemporanei, nonché collega senatore negli ultimi anni della Roma repubblicana , Marco Bruto, fu tra i principali organizzatori ed esecutori dell'assassinio di Giulio Cesare, mentre quest'ultimo stava aumentato il suo potere dittatoriale e si vedeva affievolirsi la speranza di un restauro della Res publica: secondo Bruto "è meglio non comandare nessuno che servire qualcuno, perché senza comandare è concesso vivere onestamente, in servitù non c'è possibilità di vivere". Come risulterebbe mai possibile dunque perseguire tali virtù per una persona il cui filo del destino ha riservato la propria chiusura all'interno di un contesto in cui vigono leggi restrittive della propria libertà? In cui la propria esistenza è circoscritta nei confini di uno stato ordinato e gerarchico, che esso sia democrazia, oligarchia o dittatura?

3. "La Libertà che guida il popolo" di Eugène Delacroix (1830), Parigi, Museo del Louvre.

Una delle conseguenze più frequenti per chi "non ce la fa" è la delinquenza, l'elusione delle regole. Laddove un individuo è impossibilitato a pagare tributi ma è costretto a far parte dello stato sociale, ecco che inizia a dedicarsi al furto, alla corruzione, al malaffare, all'evasione fiscale. Quest'ultima, ad esempio, molto radicata tutt'oggi nel tessuto sociale italiano, non è solo il frutto di leggi poco restrittive, ma è un fenomeno che affonda le sue radici nel tempo in cui la penisola era frammentata in ducati, marchesati, contee e piccoli o grandi regni, spesso guidati da autorità straniere: evitare il pagamento dei tributi rappresentava il modo per comunicare agli alti strati sociali di non riconoscere l'invasore straniero. Un atteggiamento talmente diffuso durante i secoli che ancora oggi non accenna a scomparire, e lo Stato Italiano si è a sua volta convertito, come i suoi antepassati, in "stato ladro".

4. "contadini che trebbiano". Foto di Paolo Lombardi (1827-1890)

Altrettanto numerosi sono gli esempi di genti strappate dalla propria casa, o illuse dalle promesse di qualche generale, le quali venivano reclutate in battaglia per scacciare il re straniero e che, se avevano la fortuna di sopravvivere, scoprivano che tornati al loro lembo di terra tutto era come prima, più povero di prima.

Ecco allora che insorge lo spirito d'onore e di coraggio dell'uomo che, attraverso il lavoro e l'astuzia, vuole vincere il proprio padrone, scalare questa tanto odiata gerarchia, seppur con tanto sudore, e con le unghie e con i denti, e magari con qualche sotterfugio; ma intanto gli anni passano e l'insoddisfazione persiste.

Lo scrittore Giovanni Verga in tutta la sua produzione letteraria mise a nudo questa perenne condizione di ricerca ostinata della ricchezza. Nella novella "La roba" (1880) ambientata nelle campagne del siracusano e contenuta all'interno della raccolta "Novelle rusticane", il proprietario terriero Mazzarò ne incarna a pieno il simbolo. Egli da semplice bracciante inizia a poco a poco ad impadronirsi di tutte le terre che un tempo appartenevano al suo barone, per tentare di diventare "più ricco del Re":


"Tutta roba di Mazzarò. Pareva che fosse di Mazzarò perfino il sole che tramontava [..] Pareva che Mazzarò fosse disteso tutto grande per quanto era grande la terra. - Invece egli era un omiciattolo [..] e di grasso non aveva altro che la pancia, e non si sapeva come facesse a riempirla, perché non mangiava altro che due soldi di pane [..] Infatti, aveva accumulato tutta quella roba, dove prima veniva da mattina a sera a zappare, a potare, a mietere; col sole, coll'acqua, col vento; senza scarpe ai piedi, e senza uno straccio di cappotto; che tutti si rammentavano di avergli dato dei calci nel di dietro, quelli che ora gli davano dell'eccellenza, e gli parlavano col berretto in mano.[..] Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all'anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: - Roba mia, vientene con me! -"


Comments


Contatti

Valencia (Spagna)

+34 691176228

    Il tuo modulo è stato inviato!

    Inizio: Contacto

    ©2019 por Space&Time. Creada con Wix.com

    bottom of page