We Are The Blues
- Emanuele Meloni
- 6 dic 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 24 mag 2020
Saloon fumosi e puzzolenti di whiskey, le vecchie sgualdrine, gli uomini d'onore che si scannano a blackjack, un poveraccio che si scola l'ennesimo bicchiere, il blues in sottofondo, il fruscìo del Mississippi.

Dal 1861 al 1865 ebbe luogo in Nord America la Guerra di Secessione che sancì l'estinzione degli Stati Confederati d'America e diede inizio alla cosiddetta era della ricostruzione.
Prima d'allora il 48% della popolazione degli stati meridionali era interamente composta da schiavi afroamericani che subivano lo sfruttamento nelle piantagioni di tabacco, cotone, zucchero e caffè. Col Proclama di emancipazione promulgato durante la guerra da Abraham Lincoln e il successivo XIII emendamento della Costituzione la schiavitù e i lavori forzati vennero aboliti in modo permanente.
Da quel momento un flusso di ex schiavi-musicisti fece defluire nelle strade i canti che in passato accompagnavano il loro duro lavoro nei campi.
Distaccato dalle tonalità religiose dello spiritual il bluesman attraverso l'improvvisazione utilizzava il canto individuale e la melodia della sua chitarra per narrare temi intensamente personali e spesso malinconici, riflesso condizionato dello stato di discriminazione che, nonostante l'abolizione dello schiavismo, continuava a picchiare duro sulla pelle dei neri. Ma il blues rappresentò soprattutto un sentimento di ribellione e speranza, di vicinanza verso i più deboli, di unione comunitaria.

La parola proviene da una vecchia espressione inglese del 1600: "to have the blue devils", con la quale veniva identificato lo stato di tristezza e instabilità degli alcolizzati (blue nel volgare del periodo); successivamente l'espressione si estese ad un qualsiasi stato di sofferenza opprimente. Ed é proprio durante le sofferenze dello schiavismo che il sentimento di ribellione del blues trova incarnazione attraverso la musica.
Infatti i deportati venivano innanzitutto privati della loro identità culturale in quanto dall'Africa, oltre ad essere strappati singolarmente dalle proprie famiglie, essi non potevano nemmeno portarsi dietro vestiti tradizionali, oggetti, portafortuna, strumenti musicali, i loro nomi, la loro lingua. Tutto ciò che crearono nel nuovo mondo lo crearono quindi in base alla memoria. In molti di quei paesi di provenienza uno degli strumenti della cultura musicale é la kora, simile all'arpa liuto, che accompagna le narrazioni dei cantastorie, i cosiddetti jali, che tra le popolazioni dell'Africa occidentale godono di grande rispetto in quanto conoscitori e protettori della tradizione orale della loro gente.
Questa forma africana trapiantata in America li condusse dunque all'utilizzo della chitarra classica e al canto individuale (tra l'altro dalla rimodulazione dei loro tamburi quali dundun e djembè con gli strumenti a percussione europei nacquero le prime batterie moderne utilizzate nel jazz).

Il delta blues fu uno dei primissimi stili di blues riconosciuti, e prende il nome dalla zona in cui si sviluppò, il delta del Mississippi. Fu un genere che tra gli anni 20' e 30' diede lustro ad alcuni che successivamente vennero ritenuti tra i più influenti esponenti del blues e massimi ispiratori.

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