Le Origini della Civiltà
- Emanuele Meloni
- 13 dic 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 24 mag 2020

Per 100.000 anni il globo fu colpito dall'ultimo grande periodo glaciale, in cui un drastico abbassamento generale delle temperature fece espandere i ghiacciai fino a molte delle attuali zone temperate dell'emisfero boreale. Questa fase è caratterizzata dalla scomparsa di buona parte della megafauna, così come dall'estinzione di tutte le specie umane ad eccezione dell'Homo sapiens (l'Homo neanderthalensis scomparve circa 30.000 anni fa). Intorno a 20.000 anni fa l'espansione glaciale raggiunse il suo picco massimo (Last Glacial Maximum).

L'uomo di quest'ultimo periodo viveva in comunità non solo nomadi ma anche semi sedentarie, le cui abitazioni variavano da semplici ripari naturali a capanne costruite con pelli ed ossa di animali.
Si dava grande importanza alle arti rupestri. Caccia, pesca e raccolta sostentavano le comunità.
Fortunatamente il periodo glaciale iniziò a declinare, le temperature medie si innalzarono e l'aumento di correnti umide favorì la formazione ciclica delle piogge .
Le condizioni di vita migliorarono progressivamente e 12.000 anni fa circa (inizio dell'Olocene), erano numerosi i territori fertili, boschi e foreste raggiunsero una grande estensione, e l'esistenza dell'uomo fu interessata da un forte aumento demografico, che cambiò le sue pretese di sopravvivenza, di alimentazione, di sviluppo sociale (questo processo ebbe luogo in periodi diversi in base alle varie aree del mondo).
Tra i 14.000 e i 10.000 anni fa, lungo le coste del Medio Oriente che si affacciano al Mar Mediterraneo, si diffuse la realizzazione di insediamenti stabili, ancor prima dell'introduzione dell'agricoltura: si tratta della cultura natufiana, considerata la madre delle culture neolitiche. I suoi erano villaggi costruiti in pietra a secco e travi di legno leggero, ospitanti non più di 150 persone: queste comunitá si teorizza abbiano sperimentato le prime coltivazioni di cereali selvatici, i quali erano parte fondamentale della loro dieta e la cui crescita si pensa fu messa a repentaglio da un periodo di siccità che interessò la zona. La cultura natufiana fu anche una delle prime ad addomesticare il cane, ad utilizzare l'arco e a commerciare l'ossidiana. Praticavano inoltre sepolture con corredi funerari.

Negli anni 90' in Turchia, presso il confine con la Siria è stato rinvenuto il più antico esempio di tempio in pietra, la cui costruzione è iniziata intorno al 9.500 a.C.
Gobekli Tepe è costituito da una collina artificiale delimitata da una cinta muraria, al cui interno sorge un santuario monumentale megalitico, caratterizzato da incisioni di diversi animali, le quali hanno permesso di ipotizzare un culto di tipo sciamanico; secondo il direttore dello scavo i monoliti innalzati e posizionati in circolo simboleggerebbero assemblee di uomini. Questa scoperta stravolge le teorie precedenti, dimostrando che in un periodo in cui l'agricoltura era in fase di sperimentazione iniziale e le comunità non presentavano ancora un'organizzazione in centri urbani, esse tuttavia erano in grado di unirsi per la costruzione di monumenti e condividevano tradizioni religiose, mettendo cosí in forte discussione la tesi che sostiene che prima sia nata la città e solo dopo i luoghi di culto. E probabilmente fu proprio quest'organizzazione sociale a carattere religioso a dare la base per uno sfruttamento pianificato delle risorse alimentari attraverso la nascita vera e propria dell'agricoltura e dell'allevamento.

Il conseguente passo fu l'urbanizzazione. Gli insediamenti di Gerico antica, in Palestina, rivelano i resti di una delle più antiche città al mondo: costruita intorno all'8.000 a.C., poteva ospitare una popolazione di 2.000 o 3.000 individui, che vivevano in abitazioni più ampie comparate a quelle natufiane, e costruite in mattoni di fango crudo; la città era addirittura dotata di una cinta muraria e di una massiccia torre in pietra.
Nello stesso periodo si iniziò a ricoprire i pavimenti delle case con intonaco argilloso levigato, fatto che probabilmente indusse alle prime lavorazioni della ceramica. I resti di ceramica più antichi al mondo, tuttavia, son ben più remoti rispetto a quelli della Mezzaluna Fertile e del Sahara: si trovano nella grotta di Yuchanyan (Cina) e nei siti di Simomouchi e di Odai (Giappone), datati tra il 17.000 e il 14.500 a.C.

Varie culture sbocciarono in Mesopotamia nei secoli successivi: la più influente tra il VI e il V millennio a.C. fu quella di Halaf, che assorbì vari ceppi costituitisi indipendentemente in passato, e si affermò come la prima civiltà mesopotamica a raggiungere dimensioni ragguardevoli, quadruplicando la sua estensione originaria e mettendo le basi per la futura omogeneizzazione del Medio Oriente. La caratteristica ceramica policroma sviluppata dalla cultura di Halaf rappresentò l'apice della tecnologia raggiunta dall'uomo neolitico in quella zona.
Tra il 5.200 e il 4.000 a.C. si ebbe un passaggio fondamentale verso le grandi civiltà organizzate, grazie allo sviluppo della cultura di Ubaid, la quale abbracciò quella di Halaf e si sviluppò lungo l'Eufrate arrivando a toccare a nord l'Anatolia. A questo periodo risalgono le prime opere di canalizzazione delle acque alluvionali, lo sviluppo commerciale della ceramica e, soprattutto, l'affermazione di una religiosità collettiva, dettata dalla costruzione di tempi di dimensioni inedite.
Una delle città più importanti del periodo fu Eridu, nella bassa Mesopotamia: cresciuta esponenzialmente grazie all'influenza agricola da nord (Samarra), che valorizzò l'irrigazione dei campi e la costruzione di edifici con mattoni di fango, da comunità di pescatori-cacciatori che arrivavano dal litorale arabo e da pastori nomadi che vivevano in zone semidesertiche. Alcune popolazioni che vivevano sui monti Zagros, nell'altopiano iraniano, scesero fino alla bassa Mesopotamia per occupare la zona tra il Tigri e l'Eufrate: sarebbero poi state identificate come Sumeri, ed Eridu pare sia stata il primo agglomerato urbano sumero.

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